Risaie nel Vercellese

Autore: Giovanni Dughera

Un viaggio attraverso le risaie è un anello a filo d’acqua che prosegue poi sulle colline del Monferrato, costellate di castelli, che consentono una visione a volo d’uccello della fantastica massa d’acqua solcata, incisa da pennellate verdi e marroni, argini e strade che delimitano geometricamente la pianura d’acqua, i paesi rossastri con i campanili che sembrano caduti dal cielo e piantati nell’acqua, castelli, abbazie, cascine, filari di pioppi.

Risaie. Mare placato, mai in tempesta, a tratti odorano di mare davvero, e di salmastro e di laguna.

Continua…

La stazione di Fontanetto Po. Piccola, di mattoni scuriti dal tempo e coperti da scritte e murales di ragazzi, così “vestita” pare profilarsi come schiacciata contro il miraggio dei grattacieli di New York, stazione della metropolitana, Bronx rurale. Oppure Arizona, Texas al rovescio, umida per la presenza delle risaie. Sotto la rocca del castello di Gabiano, nei pressi del Po vi è una zona dove la terra risente delle alluvioni del fiume, fertilissima, territorio conteso sin dal Medioevo. All’epoca delle invasioni barbariche e gli Alemanni guadarono qui il Po: permangono infatti toponimi tedeschi. A Fontanetto Po due sposi trentenni hanno restaurato un palazzotto di forme tardo barocche vendutogli da un monsignore di Roma. Soffitti a cassettoni, e sotto le volte piane e legnose la chaise longue di Le Corbusier e la batteria troneggiano insieme a quadri e sculture moderne.

L’Abbazia di Lucedio pare un bastimento ancorato, nella sua immobilità mossa però dalle linee barocche, plastiche. Il suo nome deriva da locus dei  (bosco sacro a Dio) e fu fondata nel XII secolo come abbazia cistercense. Pare che i monaci, fautori del dissodamento delle terre e loro trasformazione in risaie, impiantarono qui le prime. Il campanile romanico ottagonale si specchia nell’acqua, la superficie di mattoni presenta curiosi inserimenti nelle bifore di scodelle a ricordo dell’elemosina che i monaci facevano ai pellegrini. Giardino “monastico” recente.

La visita di questo territorio, e mi riferisco qui all’aspetto geografico più che a quello storico-architettonico, non può non sollevare curiosità circa la sua origine geologica.

Nell’Era Terziaria si sollevò l’intera catena alpina per corrugamento della crosta terrestre, la Valle Padana era sommersa dal mare, nell’epoca successiva si depositarono qui i detriti dei ghiacciai della Valle d’Aosta (permane, a Montarolo, un’altura allungata, ultima propaggine morenica di un antico ghiacciaio) insieme alle acque dello scioglimento dello stesso, a seconda del variare continuo della temperatura: il processo di riempimento dell’antico golfo marino fu lento e il materiale detritico permise la penetrazione dell’acqua piovana nel sottosuolo alimentando la falda acquifera e dando origine ai fontanili e alle risorgive (più in generale si formò così la Pianura Padana). Questi processi nei quali l’acqua svolse un’importanza notevole portarono alla coltivazione del riso, naturalmente anche attraverso opere di disboscamento e regolazione, canalizzazione delle acque: opere iniziate dai monaci del primo Medioevo.

Nelle risaie tutti gli edifici riflessi dall’acqua, chiese, campanili, cascine, persino i cimiteri appaiono come “relitti” di un tempo passato abbandonati qui dalla Storia, ma il termine non deve suscitare emozioni negative, perché oltre a indubbie suggestioni marine, il paragone che ho usato è quello dei cosiddetti “relitti glaciali”, massi abbandonati dai ghiacciai nelle zone pedemontane della Pianura Padana durante la ritirata che ebbero 15.000.000 di anni fa, testimonianza queste di un processo storico-naturale. Nella risaia invece sono manufatti lasciati dalla Storia.

L’atmosfera della risaia è permeata di umidità atmosferica, e ciò la colloca in una sorta di sogno evanescente, sfumato, accentuato da un irreale e piacevole silenzio.

Nella pianura allagata, divisa in “camere d’acqua”, le risaie, tutto è piegato alla legge, al gioco della rifrazione, un mondo di riflessi dove le immagini, cascine, castelli, alberi e anche i semplici pali della luce che paiono linee vergate su superfici traslucide, hanno il loro doppio, il rovescio nell’acqua. Qui pare tutto sospeso e insieme galleggiante tra cielo e acqua, in un’illusione visiva data dai giochi dell’acqua lievemente mossa, punteggiata a tratti dalle macchie gialle dell’iris d’acqua (iris pseudocorus).

La risaia al tramonto è intensa, penetrante, gli uccelli si levano in volo e si stagliano, scuri, unico movimento, leggero, delicato nel silenzio serale reso ancor più solenne dallo scurirsi delle acque, dai raggi del sole che scompare lentamente dietro le Alpi e getta riverberi aranciati sugli edifici in cotto subalpino, tipicamente rossastro e risplendente come in un effimero, ma quotidiano, trionfo che si spegnerà nel buio e notturno silenzio .